Fattori di mantenimento interpersonali nei disturbi del comportamento alimentare: il ruolo della famiglia.

Stereotipi dannosi e nuove prospettive

Per molti anni e fino a poco tempo fa i genitori sono stati considerati la causa principale del disturbo alimentare, inducendo spesso a ritenere terapeutico anche lallontanamento del paziente dalla famiglia stessa. Questo approccio purtroppo ha aggiunto ulteriore sofferenza in contesti dove insieme al paziente anche gli altri membri della famiglia diventano spesso vittime della malattia e delle sue conseguenze. Alla luce di quello che sappiamo oggi rispetto allorigine multifattoriale dei DCA (sono infatti coinvolti aspetti famigliari, culturali, psicologici e genetici), la famiglia va invece considerata una risorsa indispensabile nel processo terapeutico, tanto che il suo coinvolgimento sembra essere importante nel percorso di guarigione e nel mantenimento degli obiettivi

Il ruolo della famiglia come risorsa

Tra gli errori più frequenti in cui si può cadere c’è quello di credere che il problema alimentare sia una questione di volontà”. Questa convinzione induce spesso le persone, a partire dai genitori, ad essere critici, giudicanti, a ricorrere con più frequenza ai rimproveri. Diversi studi dimostrano come un approccio di questo tipo rinforzi invece latteggiamento di chiusura, rigidità e una minore collaborazione  e disponibilità anche verso il trattamento. Colpevolizzare in genere deriva più da una scarsa conoscenza del problema e dellorigine di un disturbo alimentare, caratterizzato soprattutto da bassa autostima e sensi di colpa che in queste situazioni vengono ulteriormente rinforzati.

In molti casi invece sono proprio i genitori a sentirsi in colpa. Anche leccessiva colpevolizzazione dei genitori può portare ad un atteggiamento controproducente. Anche se si riconoscono i propri limiti è importante ricordare che i problemi legati al disturbo alimentare sono complessi e le cause sono più di una. Un atteggiamento volto alla ricerca di una soluzione e alla cooperazione sarà certamente più utile per il buon esito di una terapia. Per questo diventa fondamentale creare unalleanza tra adulti per fare fronte comune contro la malattia.

Coinvolgere i familiari: obiettivo terapeutico

Lobiettivo non è quello di trovare il colpevole ma di attivare le risorse di ogni membro della famiglia per reagire ed affrontare il disturbo alimentare.

Inoltre i genitori possono cogliere più facilmente i primi campanelli dallarme come uneccessiva attenzione al cibo, al peso o alle forme del corpo, unimprovvisa iperattività ma anche maggiore irritabilità, umore negativo. Di fronte a queste difficoltà sappiamo che non è semplice aiutare i propri figli che, soprattutto se adolescenti, perché possono tendere per natura a chiudersi e a non comunicare. In un ambiente non giudicante parlare in modo diretto delle proprie preoccupazioni e di quello che notiamo dei loro comportamenti, cercando un confronto aperto, può essere più efficace per affrontare il problema e incoraggiare i figli ad iniziare un percorso terapeutico prima che i sintomi si cronicizzino, togliendo gradualmente spazio al piacere e alla libertà.

Ricordiamo che i disturbi del comportamento alimentare non sono solo disturbi legati al cibo ma rappresentano una sofferenza più profonda a cui è importante dare spazio.

Gruppi AMA: Spazio ai genitori

È proprio sulla famiglia che Nutrimente Onlus da sempre concentra gran parte del suo lavoro di prevenzione e di supporto. In particolare attraverso i gruppi AMA (auto mutuo aiuto) dedica uno spazio di accoglienza ed ascolto ai famigliari che affrontano ogni giorno le difficoltà legate ai DCA. Per partecipare ai gruppi basta scrivere una mail a: spaziogenitorigruppoama@nutrimente.org


Articolo di Dr.ssa Roberta Fiscaletti,  psicologa-psicoterapeuta socia di Nutrimente